venerdì 18 maggio 2018

Il cinese e il rutto

Vivere ad Hong Kong è bello, peccato per i cinesi. 

Se avete mai lavorato in un ufficio pieno di cinesi, sapete sicuramente di cosa io stia parlando. Immaginatevi un floor con venti persone circa, silenzio totale, si sente solo il rumore della tastiera, di tanto in tanto la stampante che gira, ma nulla di più. Tutti con le cuffie attaccate ascoltando musica, podcast, magari nulla e pretendendo solo di sentire qualcosa per non essere disturbato da altri. Ad un certo punto, un rombo di tuono. Un rutto. Forte, pieno, in tutta la sua potenza e profondità. Io mi giro, in un mix di schifo ed odio, cerco di capire con lo sguardo chi ha commesso lo scempio. Con me si girano tutti i non cinesi dell'ufficio, ognuno con aria altrettanto schifata. Senza imbarazzo alcuno, il cinese ruttatore non sbatte ciglio. E non perché si vergogna, ma perché non c'è nulla di male per lui, è normale digerire alla Barney dei Simpsons come se non ci fosse un domani. 

Ma da dove arriva la tradizione del rutto libero cinese, per dirla alla Fantozzi? Si narra che nella Cina di Mao, la pratica del rutto era accettata e ben voluta. Mao credeva in una società contadina, semplice, e disprezzava l'aristocrazia e le buone maniere. Dato che all'epoca quello che diceva Mao era un po' come un vangelo, non avresti mai voluto trovarti in una posizione di contraddirlo (sai com'è, se non eri d'accordo, c'erano sempre i campi di concentramento per mettersi d'accordo), e quindi un milardo di persone si è improvvisamente trovata a ruttare liberamente. Fortuna vuole che il pensiero di Mao si sia fermato al rutto e non ad altre flatulenze.

Sfortunamente i rumori dei cinesi non si fermano alla digestione, ma partono ben prima, durante l'alimentazione. Sono convinto che ci sia un piacere (tutto ancora da scoprire per il sottoscritto) nel tirare su il brodo ed i noodles facendo il più rumore possibile. Se mai vi capita quando siete da queste parti, fate un salto in quasisasi tipico noodle shop, e molto probabilmente vi troverete seduti ad un tavolo rotondo con quattro o cinque cinesi del tutto sconosciuti che pare facciano a gara a chi fa più rumore con la bocca. Un concerto senza strumenti che vi lascierà senza parole (o senza appetito, dipende dai gusti).

Inutile sparare sulla croce rossa parlando del casino che fanno quando parlano. Hanno un timbro di voce particolarmente alta, e sarà che personalmente non adoro il suono della loro lingua, trovo spesso fastidioso essere vicino a due cinesi che parlano. Più sono vecchi più sembrano urlatori, sarà che l'udito cede e quindi sopperiscono con la voce.

Quello che mi fa più sorridere di tutto questo però sono gli hongkonghini che danno dei trogloditi ai cinesi mainland. Un po' come il bue che da del cornuto al toro. Probabilmente sono qua da troppo poco tempo per distinguere le due fazioni, ma in questo anno e mezzo di permanenza non sono ancora riuscito a trovare grosse differenze tra i due. Tutti ruttano, tutti fanno casino quando mangiano, tutti urlano, indipendendemente se sono nati da questa o dall'altra parte del confine con la Cina. Tutto ciò mi fa ricordare alcune figure nostrane che ritenevano alcuni italiani migliori di altri solo ed esclusivamente in base alla loro latitudine di provenienza, e più recentemente qualche personaggio inglese che ha convinto una nazione intera nel dire che i mainland europei sono brutti e cattivi. Ripensandoci, c'è poco da sorridere.

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