giovedì 31 gennaio 2019

In bicicletta e a piedi per la Liguria

Nell'oramai lontano settembre 2017, avendo un po' di tempo libero aspettando di iniziare la nostra nuova vita asiatica, io e Ida abbiamo passato un po' di tempo in Liguria. Oggi andrò a parlare del giro in bicicletta tra Ospedaletti e San Lorenzo, e della passeggiata tra Alassio e Albenga.

Quella della Liguria di Ponente non è la solita pista ciclabile che potete trovare un po' ovunque: infatti è stata ricavata sul tracciato della vecchia ferrovia che collegava Imperia a Ventimiglia, e permette ai ciclisti di godere di panorami stupendi passando tra un tunnel ferroviario e l'altro. Ecco, andare dentro ai tunnel in bicicletta è sinceramente la cosa che mi è piaciuta di più di tutta l'esperienza: lo ammetto, sono un po' nerd-ferroviario, e ho sempre trovato i vecchi trafori ferroviari esteticamente belli. Ci sono anche frasi ispirazionali dentro, come nella foto qua a fianco! Ottima è stata anche la sosta a Santo Stefano al Mare, uno di quei tipici paeselli sul mare che gridano Italia dal primo all'ultimo mattone.

Non ho molto da aggiungere, il sito Pista Ciclabile copre benissimo tutto il tracciato e l'esperienza che ne consegue a pedalare i 24 km recuperati fino ad ora. Se cercate un parcheggio gratutito a San Lorenzo dove lasciare la macchina e prepararvi per la biciclettata, io e Ida l'abbiamo trovato in questo piazzale.

Per quanto riguarda la passeggiata tra Alassio e Albenga, di seguito riporto un curioso aneddoto che vi farà ricredere su tutto quello che avete imparato dei Romani. Lo sapevate che il tratto ligure dell'Aurelia non la costruirono i Romani, bensi' Napoleone? Scioccante, come minimo. Io l'ho scoperto solo ora mentre stavo scrivendo questo articolo. La strada che collegava Roma alla Francia bassa era infatti la via Julia Augusta fatta da.. Augusto! Aurelio, sei fuori.

Il sito del Comune di Alassio riporta in dettaglio l'itinerario della via Augusta, e qui un po' di cose le ho da aggiungere. Innanzitutto, la segnaletica lascia veramente a desiderare. Ci siamo persi almeno un paio di volte, finendo una volta nel cortile di una casa, e la seconda volta in un vicolo cieco. Oltre a questo, a metà strada una frana ha distrutto un pezzo di percorso. Un po' incoscentemente, abbiamo ignorato i segnali di pericolo e ci siamo avventurati comunque, riuscendo a passare il pezzo franato. Ovviamente, non lo consiglio a nessuno di fare lo stesso. Il panorama è mozzafiato, specialmente in una bella giornata di sole: l'isola Gallinara da un lato, con il mare e le rocce da un lato, e la montagna dall'altro. Tutto stupendo, portatevi solo un GPS dietro cosi' troverete sempre il percorso - alla fine noi ci siamo ritrovati solo grazie a Google Maps.

giovedì 24 gennaio 2019

Online Services is currently unavailable

Esiste un sito, myproducts.bandce.co.uk, che ogni giorno dalla mezzanotte alle 7 del mattino è fermo per manutenzione. E chi se ne frega, direte voi. Io no, e ci voglio scrivere un post sopra.

B&CE (pronunciato in italiano bi end si) è un fondo pensionistico inglese a cui alcuni datori di lavoro lasciano l'oneroso compito di gestire la pensione dei propri dipendenti. Per varie ragioni che non sto qui a spiegare, dovevo cercare di entrare dentro un account per raccogliere e modificare delle informazioni. La pagina che mi sono ritrovato è la seguente:


I Servizi Online non sono al momento disponibili
Il sito è al momento non disponibile per (sic) Il sito non sarà disponibile da mezzanotte alle 07:00 ogni giorno per manutenzione. Sarà di nuovo disponibile alle 07:00

Ho pensato che va bè, il sito è in manutenzione, tornerò domani e riproverò a collegarmi, figurati se davvero è spento ogni notte. Invece no: puntualmente, il sito è bloccato dalla mezzanotte alle 7 del mattino, ora inglese. A questo punto scatta l'informatico che è in me e dice: ma che diavolo dovete fare, ogni giorno, per sette ore, che il sito non può essere disponibile? Di seguito trovate tre risposte che mi sono dato, e delle possibili soluzioni a riguardo.
  1. I servizi online sono offerti da un operatore fisico, che ovviamente ha bisogno di dormire. Questa persona in carne ossa velocemente scrive il codice HTML della pagina che sto cercando, andando a reperire le informazioni su vecchi libri mastri e mettendole tutte su pagine web a richiesta dell'utente. Questa persona persona ha comunque il diritto di dormire la notte, come ogni cristiano su questo pianeta. Se questo fosse il caso, la B&CE potrebbe comprare una macchina del caffè come quella che Ida mi ha regalato a Natale, in modo da farlo stare sempre sveglio e continuare a servire il pubblico in maniera efficente.
  2. La B&CE ci sta educando tutti a farci dormire la notte, quindi spegne i propri servizi fino alle 7. In effetti, perché diavolo devi andare a guardarti il tuo account del fondo pensione nel mezzo della notte? La notte è fatta per dormire, vai a letto che domani devi svegliarti presto e andare in fabbrica a farti un mazzo tanto. Molto educativo. Non farebbe una grinza, non fosse che se vivo a Hong Kong, e la finestra di indisponibilità del sito diventa 8am - 3pm: un po' eccessivo e seccante. L'alternativa sarebbe quindi avere un sistema che vede se c'è luce o buio nella località dove vive l'utente. Se è particolarmente nuvolo, questo potrebbe però creare falsi positivi.
  3. È tutta colpa dell'Europa e dei migranti. La B&CE avrebbe voluto a tutti i costi tenere il sito acceso la notte, eppure una recente normativa europea obbliga tutte le società il cui nome inizia con B e finisce con CE e che abbiano una & in mezzo a spegnere i servizi dalla mezzanotte alle 7. Pare che la ragione sia dovuta ai migranti ed al fastidio che il server acceso la notte (il classico bzzz delle macchine accese) sia sulla stessa lunghezza d'onda del comune bzzz che fanno i migranti europei quando dormono, rovinandone irreparabilmente il sonno. L'alternativa sarebbe quella di insonorizzare i migranti, ma Amnesty International sembra non essere troppo d'accordo.
Nel frattempo, rimango in attesa di soluzioni.

giovedì 17 gennaio 2019

Spedizioni da Londra a Hong Kong

Sono partito per Edinburgo con una valigia da imbarcare e uno zaino. Per Darlington, avevo la stessa valigia da imbarcare, lo stesso zaino, più una box grossa che mi ero spedito. A Nottingham, avevo una macchina di roba. Per Londra, ne avevo due. Hong Kong? Un cargo!

Ok, un cargo è esagerato, facciamo chiarezza. Prima di partire per l'Asia, un amico mi ha regalato il libro "Solo bagaglio a mano" di Gabriele Romagnoli. Non posso dire che ha rivoluzionato il modo in cui vedo le cose, ma ha sicuramente influito la mia percezione sui miei oggetti, le cose che possiedo e le cose che posso lasciare indietro. L'ho letto tutto di un fiato (non è molto lungo, non sono un campione di apnea), e lo consiglio a tutti. Non poteva arrivarmi in un momento migliore, dal momento che ero pronto al grande trasloco.

Innanzitutto non avevo tantissima roba da portare via dalla mia casa di Londra: mettendo l'appartamento in affitto, ho lasciato indietro cucina, soggiorno con tavolo e sofa, letto e mobili vari. Immaginando che le case a Hong Kong fossero piccole piccole, ho iniziato a sbarazzarmi di roba che avevo accumulato in questi anni: CD, DVD e videogiochi venduti su Music Magpie (a che servono quando si ha Netflix e Spotify?), libri dell'università su Amazon, il resto su eBay e Gumtree. Ciò che non ho potuto vendere, l'ho donato a Oxfam e Cancer Research: questi ultimi mi ha mandato una e-mail recentemente dicendomi di aver ricavato £100 dalle mie donazioni! Unica eccezione è stato l'albero di Natale, che pensando non ci stesse nella nuova casa, l'ho buttato - chi vorrebbe mai comprare un albero di Natale a metà Agosto? Io e Ida ci siamo un po' mangiati le mani nell'averlo buttato, e quest'anno ne abbiamo preso uno nuovo su Taobao, come da foto allegata.

Piccola nota: ho trovato veramente difficile vendere libri usati fuori da internet. Ho girato parecchie librerie, e, in maniera totalmente inaspettata, nessuna che accettava libri di seconda mano. Alcuni posti mi hanno informato che accettano libri usati solo nel periodo di settembre, quando inizia l'università, e che comunque li compravano a meno della metà del prezzo di copertina.

Siamo rimasti quindi con un po' di roba da inscatolare, cosi' ho fatto il giro dei vari Sainsbury's, Tesco e Morrisons per raccattare scatole di cartone. Sono rimasto piacevolmente sorpreso dal fatto che questi supermercati diano via gratuitamente i loro imballaggi, piuttosto che farli pagare o buttarli al macero. Qui a fianco vedete l'istantanea dell'imballaggio di un oggetto prezioso. Una volta imballato e impilato tutto, è venuta fuori una pila di box alta quanto me, e larga più o meno un metro quadro. Come spedirla?

Dopo aver vagliato diverse opzioni (UPS, DHL, Royal Mail), mi sono imbattuto in Seven Seas Worldwide. Questa società si specializza in trasporti di grossa merce via mare, e ad Agosto 2017 i lor prezzi erano competitivi: spostare un box delle dimensioni di 112x96x187cm da porta a porta mi è costato meno di £600. Questi della Seven Seas ti portano il box sotto casa, ti aiutano a riempirlo con le tue scatole, te lo sigillano sotto gli occhi, e te lo mandano a destinazione, via nave. Sul sito puoi anche vedere la sua locazione in tempo reale, dal momento che la nave è tracciata su Google Maps - tipo vedi se la nave viene dirottata dai pirati al largo della Somalia, o se viene inghiottita da un ciclone nei pressi dell'India.

Siamo così arrivati a Hong Kong comodamente con una valigia a testa, e il nostro box è arrivato un mese dopo, intatto come quando l'avevamo imballato.

giovedì 10 gennaio 2019

Quella brezza chiamata tifone

Hong Kong, come un po' tutto il sud-est Asiatico, è spesso colpita da tifoni. Quando vivevo in Europa, ho sempre considerato tifoni, uragani, cicloni e tornadi un po' la stessa cosa: eventi metereologici estremi che non mi riguardano da vicino. Da un anno a questa parte, le cose sono cambiate.

Partiamo dall'etimologia. Pare che la parola tifone (typhoon in inglese) derivi dal cinese 大風, pronunciato daai6 fung1 in cantonese. Per voi poveracci che non masticate i caratteri cinesi come il sottoscritto, 大風 si traduce letteralmente come grande vento. Non mi ricordo se ne ho già parlato, ma i cinesi parlano un po' come Yoda: parole semplici che messe insieme sfornano grandi concetti. Qui un esempio tra tutti. Dato che noi non ci accontentiamo degli antichi saggi cinesi e vogliamo una spiegazione più approfondita di questo fenomeno metereologico, scopriamo da Wikipedia che il tifone è un ciclone tropicale che si forma nell'oceano Pacifico nord occidentale. Se si fosse formato vicino all'India, si sarebbe chiamato ciclone. Se si fosse formato nell'Atlantico, si sarebbe chiamato uragano. E se si fosse formato nei dintorni di Abbiategrasso, vi chiederete voi? Non siete stati attenti, risponderei io: stiamo parlando di cicloni tropicali, ovvero fenomeni metereologici che accadono ai tropici.

Ora che abbiamo piena conoscenza dell'argomento, vediamo come Hong Kong si è attrezzata nel tempo a fronteggiare questi eventi. Molto semplicemente, negli anni la città ha adottato un sistema di misure preventive che evitano morti e danni.

L'osservatorio metereologico locale ha il compito di avvertire gli hongkonghini della pericolosità di un tifone che entri nel raggio di 500 miglia dal centro della città. Questi avvertimenti prendono forma di segnali trasmessi sui vari media: dal segnale T1 (attesa) si arriva a T10 (tifone nero, vento sopra i 118km/h) passando per T3, T8 e T9. Ad ogni segnale è associata una serie di regole da seguire: per esempio, T3 avverte il pubblico di mettere al sicuro piante e fuori posizionati su davanzali esterni; T8 obbliga gli uffici a chiudere e le persone a tornare a casa al più presto, traghetti fermi ecc.

C'è un dibattito aperto sull'efficacia dello scotch alle finestre. Ai locali piace tanto metterlo e disegnarci il carattere 米 (riso) sopra. L'idea è quella di rinforzare la tenuta della finestra, migliorando la resistenza del vetro. Pare non serva assolutamente a nulla, se non ad arricchire i venditori di nastri adesivi prima dei tifoni: i vetri si rompono quando non hanno abbastanza flessibilità, con o senza scotch.

I sistemi di drenaggio sono tenuti in ottimo stato. Vado spesso a fare jogging sui picchi, e ogni santo giorno vedo operatori che tengono puliti gli scarichi delle acque piovane ai lati della strada, raccogliendo tutte le foglie e rami secchi che potrebbero ostruire i rivoli. Sono stati costruiti grandi bacini di raccolta d'acqua nel sottosuolo, come quello sotto l'ippodromo di Happy Valley, che può contenere fino 60,000m3 di acqua. L'acqua raccolta viene pompata in mare, alleviando il problema di allagamenti cittadini.

Insomma, per forza di cose, si sono dati da fare da queste parti. Questi fenomeni accadono almeno due volte l'anno, è normale che ci si attrezzi per fronteggiarli. Anche con tutto questo, i danni provocati da tifoni sono ingenti, come dimostra la foto che ho scattato sotto casa mia la sera che è passato il tifone Mangkhut: alberi sradicati, vetri infranti, rifiuti per strada, caos. Nessun morto per fortuna, e la città è tornata in piedi in due settimane. Sempre meglio di quello che abbiamo vissuto a Krabi due anni fa, quando per una pioggia il paese è stato completamente sommerso dall'acqua, ed io e Ida ci siamo trovati bloccati in un bar allagato, tra scarafaggi e topi. Not nice at all. In quel momento abbiamo pensato: ma com'è possibile che non si attrezzino per una pioggia? Com'è possibile che bastino due gocce d'acqua per far allagare la città in questo modo? Sarà che questo è davvero il terzo mondo? Poi ho ripensato a tutte le volte che esonda il Po, la Dora e tutti i fiumi in Piemonte, e ho pensato che non è un problema solo della Thailandia.