giovedì 10 gennaio 2019

Quella brezza chiamata tifone

Hong Kong, come un po' tutto il sud-est Asiatico, è spesso colpita da tifoni. Quando vivevo in Europa, ho sempre considerato tifoni, uragani, cicloni e tornadi un po' la stessa cosa: eventi metereologici estremi che non mi riguardano da vicino. Da un anno a questa parte, le cose sono cambiate.

Partiamo dall'etimologia. Pare che la parola tifone (typhoon in inglese) derivi dal cinese 大風, pronunciato daai6 fung1 in cantonese. Per voi poveracci che non masticate i caratteri cinesi come il sottoscritto, 大風 si traduce letteralmente come grande vento. Non mi ricordo se ne ho già parlato, ma i cinesi parlano un po' come Yoda: parole semplici che messe insieme sfornano grandi concetti. Qui un esempio tra tutti. Dato che noi non ci accontentiamo degli antichi saggi cinesi e vogliamo una spiegazione più approfondita di questo fenomeno metereologico, scopriamo da Wikipedia che il tifone è un ciclone tropicale che si forma nell'oceano Pacifico nord occidentale. Se si fosse formato vicino all'India, si sarebbe chiamato ciclone. Se si fosse formato nell'Atlantico, si sarebbe chiamato uragano. E se si fosse formato nei dintorni di Abbiategrasso, vi chiederete voi? Non siete stati attenti, risponderei io: stiamo parlando di cicloni tropicali, ovvero fenomeni metereologici che accadono ai tropici.

Ora che abbiamo piena conoscenza dell'argomento, vediamo come Hong Kong si è attrezzata nel tempo a fronteggiare questi eventi. Molto semplicemente, negli anni la città ha adottato un sistema di misure preventive che evitano morti e danni.

L'osservatorio metereologico locale ha il compito di avvertire gli hongkonghini della pericolosità di un tifone che entri nel raggio di 500 miglia dal centro della città. Questi avvertimenti prendono forma di segnali trasmessi sui vari media: dal segnale T1 (attesa) si arriva a T10 (tifone nero, vento sopra i 118km/h) passando per T3, T8 e T9. Ad ogni segnale è associata una serie di regole da seguire: per esempio, T3 avverte il pubblico di mettere al sicuro piante e fuori posizionati su davanzali esterni; T8 obbliga gli uffici a chiudere e le persone a tornare a casa al più presto, traghetti fermi ecc.

C'è un dibattito aperto sull'efficacia dello scotch alle finestre. Ai locali piace tanto metterlo e disegnarci il carattere 米 (riso) sopra. L'idea è quella di rinforzare la tenuta della finestra, migliorando la resistenza del vetro. Pare non serva assolutamente a nulla, se non ad arricchire i venditori di nastri adesivi prima dei tifoni: i vetri si rompono quando non hanno abbastanza flessibilità, con o senza scotch.

I sistemi di drenaggio sono tenuti in ottimo stato. Vado spesso a fare jogging sui picchi, e ogni santo giorno vedo operatori che tengono puliti gli scarichi delle acque piovane ai lati della strada, raccogliendo tutte le foglie e rami secchi che potrebbero ostruire i rivoli. Sono stati costruiti grandi bacini di raccolta d'acqua nel sottosuolo, come quello sotto l'ippodromo di Happy Valley, che può contenere fino 60,000m3 di acqua. L'acqua raccolta viene pompata in mare, alleviando il problema di allagamenti cittadini.

Insomma, per forza di cose, si sono dati da fare da queste parti. Questi fenomeni accadono almeno due volte l'anno, è normale che ci si attrezzi per fronteggiarli. Anche con tutto questo, i danni provocati da tifoni sono ingenti, come dimostra la foto che ho scattato sotto casa mia la sera che è passato il tifone Mangkhut: alberi sradicati, vetri infranti, rifiuti per strada, caos. Nessun morto per fortuna, e la città è tornata in piedi in due settimane. Sempre meglio di quello che abbiamo vissuto a Krabi due anni fa, quando per una pioggia il paese è stato completamente sommerso dall'acqua, ed io e Ida ci siamo trovati bloccati in un bar allagato, tra scarafaggi e topi. Not nice at all. In quel momento abbiamo pensato: ma com'è possibile che non si attrezzino per una pioggia? Com'è possibile che bastino due gocce d'acqua per far allagare la città in questo modo? Sarà che questo è davvero il terzo mondo? Poi ho ripensato a tutte le volte che esonda il Po, la Dora e tutti i fiumi in Piemonte, e ho pensato che non è un problema solo della Thailandia.

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