Dopo 4 anni di permanenza a Darlington (e dintorni), la mia coinquilina tedesca ha deciso che si e' rotta definitivamente le scatole del Regno Unito e tornera' in Germania nel giro di pochi mesi. Biglietto senza ritorno.
Ieri sera abbiamo parlato un po', ero curioso di sapere le motivazioni che la spingevano a tornare a casa. La sua situazione e' leggermente diversa dalla mia per certi aspetti: innanzitutto ha 10 anni piu' di me, e' stata sposata e si e' successivamente divorziata. Ripensandoci, questi sono gli unici aspetti che la rendono diversa: alla fin fine come me non e' contenta del lavoro che ha qua, lo trova noioso e ripetitivo. Non e' contenta del paese, che e' un mortorio. Si annoia, tanto. E quando torna a casa, amici e parenti continuano a chiederle quando ritorni in patria.
La sua idea era di fare un'esperienza lavorativa all'estero, e questa motivazione la spinse a spostarsi nella perfida Albione. Anche se era sposata era deciso a farlo, ed aveva posto come obiettivo i due anni di permanenza fuori casa. Mi ha detto che quando e' arrivata a Darlington il primo giorno per il colloquio, le e' preso male al pensiero di dover rimanere li' due anni: il posto grigio e triste segna molto, in negativo. Mi ricorda molto me le prime settimane che ho passato qua. Lei aveva preso casa da sola inizialmente, ed ha vissuto sola per 3 anni. Nel mezzo il divorzio, che l'ha spinta a non tornare indietro come inizialmente programmato, ma a continuare ad annoiarsi in questo posto. Al terzo anno, a causa di un ulteriore aumento dell'affitto, ha deciso di cercar casa con altra gente, una cosa che non aveva mai fatto. E cosi' e' finita al 12 di Corporation Rd.
Il primo anno mi ha raccontato che e' stato divertente, eccitante. Il grigiume del posto era compensato dall'emozione per la nuova esperienza: per quanto siamo apparentemente sotto una stessa bandiera blu con una manciata di stelle in circolo, la cultura e la lingua tra le diverse nazioni segnano un solco molto marcato; vivere e lavorare al 100% in un paese straniero, anche solo distante un'oretta in aereo, e' un'avventura ogni santo giorno. Poi pero' si e' stancata. Dopo un po' si e' chiesta chi me lo fa fare. Ci sono continui alti e bassi, momenti in cui vai avanti e fai finta che va tutto bene, momenti in cui vuoi mandare a cagare tutti. Il problema e' che non puoi tornare indietro subito: si continua a pensare, stupidamente, al giudizio degli altri, amici e parenti. Cosa penserebbero se tornassi indietro ora? Che ho fallito?
Condivido gran parte dei suoi pensieri, molti li ho provati anch'io. C'e' pero' una sostanziale differenza tra come lei ha approcciato l'avventura e come l'ho fatto io: gli amici. Non gli amici intimi, ma gli amici e basta. Vuoi per l'eta', vuoi per il carattere, son abituato a circondarmi di gente che mi aiuti, che mi faccia compagnia, gente con cui puoi fare una chiacchierata, un'uscita al pub, una vacanza. Sono quelle persone che, putroppo, rimarrai poco in contatto quando ti sposterai, ma che ti saranno state utili durante la permanenza. Ci ho messo un po' a realizzare tutto questo: e' successo circa a Gennaio di quest'anno, quando sono tornato ad Edinburgh per un weekend. Dopo il weekend ero parecchio giu', triste che non ero piu' li': mi mancavano tutti gli amici edinburghesi. Poi pero' ho ripensato a come ero triste i primi giorni che mi ero spostato ad Edinburgh, perche' mi mancavano quelli di Torino, e (pensiero ricorsivo, tipicamente informatico) quando ho cambiato uni, quando ho iniziato l'uni, quando ho iniziato il liceo, quando ho iniziato le medie... Alla fine e' stata sempre la stessa storia, in tutti i casi per un motivo o per l'altro ho sempre cambiato completamente il giro di amicizie, e' solo una questione di accettarla bene o male. Alla fine scopro che e' solo un bene per me: mi metto ogni volta alla prova, conosco ogni volta nuove persone, e nuove persone portano idee nuove, notizie nuove; se poi si cambia nazione nuove persone portano anche culture nuove. Quando poi si ritorna in un posto lasciato, si prova ad uscire una sera con tutti quelli del gruppo locale, per una birra e due chiacchiere.
Questa lunga divagazione era per dire che la tedesca, a quanto mi risulti, non ha amicizie. E' rimasta molto legata alla sua terra, ai suoi amici di una volta, e questo l'ha intristita parecchio. Non potrebbe essere altrimenti: continui a guardare al passato, ti annoi del presente e non riesci a vedere il futuro. Sembra la vita di quei pensionati che passano le giornate seduti da soli alle panchine nel parco.
Nessun fraintendimento: non voglio assolutamente dire che il mio approccio alla vita sia migliore del suo, dico che e' diverso. Fossi rimasto a Torino mi sarei completamente chiuso, lei si e' chiusa rimanendo tanto tempo qua a Darlington. Anch'io mi chiuderei rimanendo quattro anni a Darlington alla fine, ma non tornerei in Italia dopo :)
Ieri sera abbiamo parlato un po', ero curioso di sapere le motivazioni che la spingevano a tornare a casa. La sua situazione e' leggermente diversa dalla mia per certi aspetti: innanzitutto ha 10 anni piu' di me, e' stata sposata e si e' successivamente divorziata. Ripensandoci, questi sono gli unici aspetti che la rendono diversa: alla fin fine come me non e' contenta del lavoro che ha qua, lo trova noioso e ripetitivo. Non e' contenta del paese, che e' un mortorio. Si annoia, tanto. E quando torna a casa, amici e parenti continuano a chiederle quando ritorni in patria.
La sua idea era di fare un'esperienza lavorativa all'estero, e questa motivazione la spinse a spostarsi nella perfida Albione. Anche se era sposata era deciso a farlo, ed aveva posto come obiettivo i due anni di permanenza fuori casa. Mi ha detto che quando e' arrivata a Darlington il primo giorno per il colloquio, le e' preso male al pensiero di dover rimanere li' due anni: il posto grigio e triste segna molto, in negativo. Mi ricorda molto me le prime settimane che ho passato qua. Lei aveva preso casa da sola inizialmente, ed ha vissuto sola per 3 anni. Nel mezzo il divorzio, che l'ha spinta a non tornare indietro come inizialmente programmato, ma a continuare ad annoiarsi in questo posto. Al terzo anno, a causa di un ulteriore aumento dell'affitto, ha deciso di cercar casa con altra gente, una cosa che non aveva mai fatto. E cosi' e' finita al 12 di Corporation Rd.
Il primo anno mi ha raccontato che e' stato divertente, eccitante. Il grigiume del posto era compensato dall'emozione per la nuova esperienza: per quanto siamo apparentemente sotto una stessa bandiera blu con una manciata di stelle in circolo, la cultura e la lingua tra le diverse nazioni segnano un solco molto marcato; vivere e lavorare al 100% in un paese straniero, anche solo distante un'oretta in aereo, e' un'avventura ogni santo giorno. Poi pero' si e' stancata. Dopo un po' si e' chiesta chi me lo fa fare. Ci sono continui alti e bassi, momenti in cui vai avanti e fai finta che va tutto bene, momenti in cui vuoi mandare a cagare tutti. Il problema e' che non puoi tornare indietro subito: si continua a pensare, stupidamente, al giudizio degli altri, amici e parenti. Cosa penserebbero se tornassi indietro ora? Che ho fallito?
Condivido gran parte dei suoi pensieri, molti li ho provati anch'io. C'e' pero' una sostanziale differenza tra come lei ha approcciato l'avventura e come l'ho fatto io: gli amici. Non gli amici intimi, ma gli amici e basta. Vuoi per l'eta', vuoi per il carattere, son abituato a circondarmi di gente che mi aiuti, che mi faccia compagnia, gente con cui puoi fare una chiacchierata, un'uscita al pub, una vacanza. Sono quelle persone che, putroppo, rimarrai poco in contatto quando ti sposterai, ma che ti saranno state utili durante la permanenza. Ci ho messo un po' a realizzare tutto questo: e' successo circa a Gennaio di quest'anno, quando sono tornato ad Edinburgh per un weekend. Dopo il weekend ero parecchio giu', triste che non ero piu' li': mi mancavano tutti gli amici edinburghesi. Poi pero' ho ripensato a come ero triste i primi giorni che mi ero spostato ad Edinburgh, perche' mi mancavano quelli di Torino, e (pensiero ricorsivo, tipicamente informatico) quando ho cambiato uni, quando ho iniziato l'uni, quando ho iniziato il liceo, quando ho iniziato le medie... Alla fine e' stata sempre la stessa storia, in tutti i casi per un motivo o per l'altro ho sempre cambiato completamente il giro di amicizie, e' solo una questione di accettarla bene o male. Alla fine scopro che e' solo un bene per me: mi metto ogni volta alla prova, conosco ogni volta nuove persone, e nuove persone portano idee nuove, notizie nuove; se poi si cambia nazione nuove persone portano anche culture nuove. Quando poi si ritorna in un posto lasciato, si prova ad uscire una sera con tutti quelli del gruppo locale, per una birra e due chiacchiere.
Questa lunga divagazione era per dire che la tedesca, a quanto mi risulti, non ha amicizie. E' rimasta molto legata alla sua terra, ai suoi amici di una volta, e questo l'ha intristita parecchio. Non potrebbe essere altrimenti: continui a guardare al passato, ti annoi del presente e non riesci a vedere il futuro. Sembra la vita di quei pensionati che passano le giornate seduti da soli alle panchine nel parco.
Nessun fraintendimento: non voglio assolutamente dire che il mio approccio alla vita sia migliore del suo, dico che e' diverso. Fossi rimasto a Torino mi sarei completamente chiuso, lei si e' chiusa rimanendo tanto tempo qua a Darlington. Anch'io mi chiuderei rimanendo quattro anni a Darlington alla fine, ma non tornerei in Italia dopo :)
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