giovedì 31 gennaio 2019

In bicicletta e a piedi per la Liguria

Nell'oramai lontano settembre 2017, avendo un po' di tempo libero aspettando di iniziare la nostra nuova vita asiatica, io e Ida abbiamo passato un po' di tempo in Liguria. Oggi andrò a parlare del giro in bicicletta tra Ospedaletti e San Lorenzo, e della passeggiata tra Alassio e Albenga.

Quella della Liguria di Ponente non è la solita pista ciclabile che potete trovare un po' ovunque: infatti è stata ricavata sul tracciato della vecchia ferrovia che collegava Imperia a Ventimiglia, e permette ai ciclisti di godere di panorami stupendi passando tra un tunnel ferroviario e l'altro. Ecco, andare dentro ai tunnel in bicicletta è sinceramente la cosa che mi è piaciuta di più di tutta l'esperienza: lo ammetto, sono un po' nerd-ferroviario, e ho sempre trovato i vecchi trafori ferroviari esteticamente belli. Ci sono anche frasi ispirazionali dentro, come nella foto qua a fianco! Ottima è stata anche la sosta a Santo Stefano al Mare, uno di quei tipici paeselli sul mare che gridano Italia dal primo all'ultimo mattone.

Non ho molto da aggiungere, il sito Pista Ciclabile copre benissimo tutto il tracciato e l'esperienza che ne consegue a pedalare i 24 km recuperati fino ad ora. Se cercate un parcheggio gratutito a San Lorenzo dove lasciare la macchina e prepararvi per la biciclettata, io e Ida l'abbiamo trovato in questo piazzale.

Per quanto riguarda la passeggiata tra Alassio e Albenga, di seguito riporto un curioso aneddoto che vi farà ricredere su tutto quello che avete imparato dei Romani. Lo sapevate che il tratto ligure dell'Aurelia non la costruirono i Romani, bensi' Napoleone? Scioccante, come minimo. Io l'ho scoperto solo ora mentre stavo scrivendo questo articolo. La strada che collegava Roma alla Francia bassa era infatti la via Julia Augusta fatta da.. Augusto! Aurelio, sei fuori.

Il sito del Comune di Alassio riporta in dettaglio l'itinerario della via Augusta, e qui un po' di cose le ho da aggiungere. Innanzitutto, la segnaletica lascia veramente a desiderare. Ci siamo persi almeno un paio di volte, finendo una volta nel cortile di una casa, e la seconda volta in un vicolo cieco. Oltre a questo, a metà strada una frana ha distrutto un pezzo di percorso. Un po' incoscentemente, abbiamo ignorato i segnali di pericolo e ci siamo avventurati comunque, riuscendo a passare il pezzo franato. Ovviamente, non lo consiglio a nessuno di fare lo stesso. Il panorama è mozzafiato, specialmente in una bella giornata di sole: l'isola Gallinara da un lato, con il mare e le rocce da un lato, e la montagna dall'altro. Tutto stupendo, portatevi solo un GPS dietro cosi' troverete sempre il percorso - alla fine noi ci siamo ritrovati solo grazie a Google Maps.

giovedì 24 gennaio 2019

Online Services is currently unavailable

Esiste un sito, myproducts.bandce.co.uk, che ogni giorno dalla mezzanotte alle 7 del mattino è fermo per manutenzione. E chi se ne frega, direte voi. Io no, e ci voglio scrivere un post sopra.

B&CE (pronunciato in italiano bi end si) è un fondo pensionistico inglese a cui alcuni datori di lavoro lasciano l'oneroso compito di gestire la pensione dei propri dipendenti. Per varie ragioni che non sto qui a spiegare, dovevo cercare di entrare dentro un account per raccogliere e modificare delle informazioni. La pagina che mi sono ritrovato è la seguente:


I Servizi Online non sono al momento disponibili
Il sito è al momento non disponibile per (sic) Il sito non sarà disponibile da mezzanotte alle 07:00 ogni giorno per manutenzione. Sarà di nuovo disponibile alle 07:00

Ho pensato che va bè, il sito è in manutenzione, tornerò domani e riproverò a collegarmi, figurati se davvero è spento ogni notte. Invece no: puntualmente, il sito è bloccato dalla mezzanotte alle 7 del mattino, ora inglese. A questo punto scatta l'informatico che è in me e dice: ma che diavolo dovete fare, ogni giorno, per sette ore, che il sito non può essere disponibile? Di seguito trovate tre risposte che mi sono dato, e delle possibili soluzioni a riguardo.
  1. I servizi online sono offerti da un operatore fisico, che ovviamente ha bisogno di dormire. Questa persona in carne ossa velocemente scrive il codice HTML della pagina che sto cercando, andando a reperire le informazioni su vecchi libri mastri e mettendole tutte su pagine web a richiesta dell'utente. Questa persona persona ha comunque il diritto di dormire la notte, come ogni cristiano su questo pianeta. Se questo fosse il caso, la B&CE potrebbe comprare una macchina del caffè come quella che Ida mi ha regalato a Natale, in modo da farlo stare sempre sveglio e continuare a servire il pubblico in maniera efficente.
  2. La B&CE ci sta educando tutti a farci dormire la notte, quindi spegne i propri servizi fino alle 7. In effetti, perché diavolo devi andare a guardarti il tuo account del fondo pensione nel mezzo della notte? La notte è fatta per dormire, vai a letto che domani devi svegliarti presto e andare in fabbrica a farti un mazzo tanto. Molto educativo. Non farebbe una grinza, non fosse che se vivo a Hong Kong, e la finestra di indisponibilità del sito diventa 8am - 3pm: un po' eccessivo e seccante. L'alternativa sarebbe quindi avere un sistema che vede se c'è luce o buio nella località dove vive l'utente. Se è particolarmente nuvolo, questo potrebbe però creare falsi positivi.
  3. È tutta colpa dell'Europa e dei migranti. La B&CE avrebbe voluto a tutti i costi tenere il sito acceso la notte, eppure una recente normativa europea obbliga tutte le società il cui nome inizia con B e finisce con CE e che abbiano una & in mezzo a spegnere i servizi dalla mezzanotte alle 7. Pare che la ragione sia dovuta ai migranti ed al fastidio che il server acceso la notte (il classico bzzz delle macchine accese) sia sulla stessa lunghezza d'onda del comune bzzz che fanno i migranti europei quando dormono, rovinandone irreparabilmente il sonno. L'alternativa sarebbe quella di insonorizzare i migranti, ma Amnesty International sembra non essere troppo d'accordo.
Nel frattempo, rimango in attesa di soluzioni.

giovedì 17 gennaio 2019

Spedizioni da Londra a Hong Kong

Sono partito per Edinburgo con una valigia da imbarcare e uno zaino. Per Darlington, avevo la stessa valigia da imbarcare, lo stesso zaino, più una box grossa che mi ero spedito. A Nottingham, avevo una macchina di roba. Per Londra, ne avevo due. Hong Kong? Un cargo!

Ok, un cargo è esagerato, facciamo chiarezza. Prima di partire per l'Asia, un amico mi ha regalato il libro "Solo bagaglio a mano" di Gabriele Romagnoli. Non posso dire che ha rivoluzionato il modo in cui vedo le cose, ma ha sicuramente influito la mia percezione sui miei oggetti, le cose che possiedo e le cose che posso lasciare indietro. L'ho letto tutto di un fiato (non è molto lungo, non sono un campione di apnea), e lo consiglio a tutti. Non poteva arrivarmi in un momento migliore, dal momento che ero pronto al grande trasloco.

Innanzitutto non avevo tantissima roba da portare via dalla mia casa di Londra: mettendo l'appartamento in affitto, ho lasciato indietro cucina, soggiorno con tavolo e sofa, letto e mobili vari. Immaginando che le case a Hong Kong fossero piccole piccole, ho iniziato a sbarazzarmi di roba che avevo accumulato in questi anni: CD, DVD e videogiochi venduti su Music Magpie (a che servono quando si ha Netflix e Spotify?), libri dell'università su Amazon, il resto su eBay e Gumtree. Ciò che non ho potuto vendere, l'ho donato a Oxfam e Cancer Research: questi ultimi mi ha mandato una e-mail recentemente dicendomi di aver ricavato £100 dalle mie donazioni! Unica eccezione è stato l'albero di Natale, che pensando non ci stesse nella nuova casa, l'ho buttato - chi vorrebbe mai comprare un albero di Natale a metà Agosto? Io e Ida ci siamo un po' mangiati le mani nell'averlo buttato, e quest'anno ne abbiamo preso uno nuovo su Taobao, come da foto allegata.

Piccola nota: ho trovato veramente difficile vendere libri usati fuori da internet. Ho girato parecchie librerie, e, in maniera totalmente inaspettata, nessuna che accettava libri di seconda mano. Alcuni posti mi hanno informato che accettano libri usati solo nel periodo di settembre, quando inizia l'università, e che comunque li compravano a meno della metà del prezzo di copertina.

Siamo rimasti quindi con un po' di roba da inscatolare, cosi' ho fatto il giro dei vari Sainsbury's, Tesco e Morrisons per raccattare scatole di cartone. Sono rimasto piacevolmente sorpreso dal fatto che questi supermercati diano via gratuitamente i loro imballaggi, piuttosto che farli pagare o buttarli al macero. Qui a fianco vedete l'istantanea dell'imballaggio di un oggetto prezioso. Una volta imballato e impilato tutto, è venuta fuori una pila di box alta quanto me, e larga più o meno un metro quadro. Come spedirla?

Dopo aver vagliato diverse opzioni (UPS, DHL, Royal Mail), mi sono imbattuto in Seven Seas Worldwide. Questa società si specializza in trasporti di grossa merce via mare, e ad Agosto 2017 i lor prezzi erano competitivi: spostare un box delle dimensioni di 112x96x187cm da porta a porta mi è costato meno di £600. Questi della Seven Seas ti portano il box sotto casa, ti aiutano a riempirlo con le tue scatole, te lo sigillano sotto gli occhi, e te lo mandano a destinazione, via nave. Sul sito puoi anche vedere la sua locazione in tempo reale, dal momento che la nave è tracciata su Google Maps - tipo vedi se la nave viene dirottata dai pirati al largo della Somalia, o se viene inghiottita da un ciclone nei pressi dell'India.

Siamo così arrivati a Hong Kong comodamente con una valigia a testa, e il nostro box è arrivato un mese dopo, intatto come quando l'avevamo imballato.

giovedì 10 gennaio 2019

Quella brezza chiamata tifone

Hong Kong, come un po' tutto il sud-est Asiatico, è spesso colpita da tifoni. Quando vivevo in Europa, ho sempre considerato tifoni, uragani, cicloni e tornadi un po' la stessa cosa: eventi metereologici estremi che non mi riguardano da vicino. Da un anno a questa parte, le cose sono cambiate.

Partiamo dall'etimologia. Pare che la parola tifone (typhoon in inglese) derivi dal cinese 大風, pronunciato daai6 fung1 in cantonese. Per voi poveracci che non masticate i caratteri cinesi come il sottoscritto, 大風 si traduce letteralmente come grande vento. Non mi ricordo se ne ho già parlato, ma i cinesi parlano un po' come Yoda: parole semplici che messe insieme sfornano grandi concetti. Qui un esempio tra tutti. Dato che noi non ci accontentiamo degli antichi saggi cinesi e vogliamo una spiegazione più approfondita di questo fenomeno metereologico, scopriamo da Wikipedia che il tifone è un ciclone tropicale che si forma nell'oceano Pacifico nord occidentale. Se si fosse formato vicino all'India, si sarebbe chiamato ciclone. Se si fosse formato nell'Atlantico, si sarebbe chiamato uragano. E se si fosse formato nei dintorni di Abbiategrasso, vi chiederete voi? Non siete stati attenti, risponderei io: stiamo parlando di cicloni tropicali, ovvero fenomeni metereologici che accadono ai tropici.

Ora che abbiamo piena conoscenza dell'argomento, vediamo come Hong Kong si è attrezzata nel tempo a fronteggiare questi eventi. Molto semplicemente, negli anni la città ha adottato un sistema di misure preventive che evitano morti e danni.

L'osservatorio metereologico locale ha il compito di avvertire gli hongkonghini della pericolosità di un tifone che entri nel raggio di 500 miglia dal centro della città. Questi avvertimenti prendono forma di segnali trasmessi sui vari media: dal segnale T1 (attesa) si arriva a T10 (tifone nero, vento sopra i 118km/h) passando per T3, T8 e T9. Ad ogni segnale è associata una serie di regole da seguire: per esempio, T3 avverte il pubblico di mettere al sicuro piante e fuori posizionati su davanzali esterni; T8 obbliga gli uffici a chiudere e le persone a tornare a casa al più presto, traghetti fermi ecc.

C'è un dibattito aperto sull'efficacia dello scotch alle finestre. Ai locali piace tanto metterlo e disegnarci il carattere 米 (riso) sopra. L'idea è quella di rinforzare la tenuta della finestra, migliorando la resistenza del vetro. Pare non serva assolutamente a nulla, se non ad arricchire i venditori di nastri adesivi prima dei tifoni: i vetri si rompono quando non hanno abbastanza flessibilità, con o senza scotch.

I sistemi di drenaggio sono tenuti in ottimo stato. Vado spesso a fare jogging sui picchi, e ogni santo giorno vedo operatori che tengono puliti gli scarichi delle acque piovane ai lati della strada, raccogliendo tutte le foglie e rami secchi che potrebbero ostruire i rivoli. Sono stati costruiti grandi bacini di raccolta d'acqua nel sottosuolo, come quello sotto l'ippodromo di Happy Valley, che può contenere fino 60,000m3 di acqua. L'acqua raccolta viene pompata in mare, alleviando il problema di allagamenti cittadini.

Insomma, per forza di cose, si sono dati da fare da queste parti. Questi fenomeni accadono almeno due volte l'anno, è normale che ci si attrezzi per fronteggiarli. Anche con tutto questo, i danni provocati da tifoni sono ingenti, come dimostra la foto che ho scattato sotto casa mia la sera che è passato il tifone Mangkhut: alberi sradicati, vetri infranti, rifiuti per strada, caos. Nessun morto per fortuna, e la città è tornata in piedi in due settimane. Sempre meglio di quello che abbiamo vissuto a Krabi due anni fa, quando per una pioggia il paese è stato completamente sommerso dall'acqua, ed io e Ida ci siamo trovati bloccati in un bar allagato, tra scarafaggi e topi. Not nice at all. In quel momento abbiamo pensato: ma com'è possibile che non si attrezzino per una pioggia? Com'è possibile che bastino due gocce d'acqua per far allagare la città in questo modo? Sarà che questo è davvero il terzo mondo? Poi ho ripensato a tutte le volte che esonda il Po, la Dora e tutti i fiumi in Piemonte, e ho pensato che non è un problema solo della Thailandia.

sabato 15 settembre 2018

Mettere casa in affitto a Londra

Tutto lo sbatti di comprare casa, e poi me ne vado via. Ma non vendo, affitto! Ecco alcune riflessioni su come ho affitato la mia casa a Londra.

Ho affidato la gestione dell'affitto ad una agenzia immobiliare, la KFH. Abitando a 8 fusi orari di distanza, ho pensato che era impossibile farlo da solo: come faccio a rispondere alle emergenze vivendo così lontano? Come faccio a organizzare le visite di potenziali inquilini, controllare che la casa sia sempre a posto, riscuotere l'affitto? Sono tutte cose che, se fossi rimasto a Londra, avrei volentieri fatto di mio. Ho così contattato un paio di agenzie, e quella che ha offerto il miglior rapporto qualità prezzo è stata KFH. In breve, a fronte del 12% dell'affitto, mi offrono un pacchetto completo di assistenza. In realtà poi ci sono alcune piccole altre spese da mettere in conto, come l'ispezione del gas annuale (£70), o i costi per redirigere il contratto con l'inquilino (£300). A fronte di tutto questo, ho però avuto una ottima esperienza quando hanno messo la casa sul mercato - hanno mandato una fotografa professionista che ha rimosso il grigio del cielo londinese che trapelava dalle finestre e l'ha fatto diventare azzurro splendente, l'affitto sempre pagato mensilmente, e tutti i problemi gestiti loro. Per adesso è filato tutto liscio.

Tasse. Perché sì, uno si sbatte tanto nella vita, e poi c'è sempre lo stato che vuole un po' dei tuoi guadagni (viva il populismo!). In Inghilterra l'affitto è tassato come ogni altra forma di guadagno. Ad oggi (2018), tutti gli introiti (dopo deduzioni) sopra i £11,500 annuali sono tassati al 20%. Deduzioni sono tutti i pagamenti relativi al mantenimento della casa o dell'affitto: pagate l'agenzia perché vi tenga la casa? quello può essere dedotto. Se non avete mai avuto problemi col fisco, potete chiedere all'ufficio tasse di pagare le vostre imposte nella dichiarazione dei redditi, piuttosto che avere l'agenzia che riscuote il 20% del vostro affitto mensile, e poi voi dovete chiedere un eventuale rimborso a sua maestà a fine anno.

Se come me avete comprato la casa con un mutuo, dovete stare attenti al contratto che avete firmato con la banca. Molti mutui contratti con la formula prima casa non consentono al proprietario di affittare il proprio locale. Non ho ben capito perché, e stando ad alcuni forum che ho letto, pare che la banca consideri una casa in affitto ad un rischio più elevato rispetto al proprietario che vive dentro. Quindi, in teoria, al momento che volete affittare la casa e il vostro contratto non lo permette, dovete chiamare la banca, esporre la situazione, e vedere cosa dicono. Sempre nei soliti forum ho letto di banche che non hanno fatto problemi, altre che hanno lasciato la rata del mutuo uguale per 12 mesi, altre ancora che hanno alzato la rata immediatamente. Non sembra ci sia un modo per capire esattamente come la banca si comporta, se non chiedendo direttamente.

Per finire, spendo due parole sul mercato immobiliare a Londra. È un periodo un po' incerto in questi ultimi mesi, per via della Brexit: dopo anni di crescita vertiginosa, a colpi di 15% annui tra il 2013 e il 2016, il mercato sembra essersi raffreddato un po'. Ho affitato la mia casa a £1,500/mese ad Agosto 2017, e son stato fortunato nel rinnovare l'affitto allo stesso prezzo un anno dopo quando il trend generale è invece in discesa. Non so cosa porterà la Brexit, non credo nulla di buono. La mia idea è comunque un investimento a lungo termine, l'Inghilterra ha tempo di uscire, rientrare e riuscire in Europa prima che vendo la casa, quindi non dovrei essere troppo colpito da questi singhiozzi immobiliari.

lunedì 28 maggio 2018

Case infestate... da fantasmi!

Lo scorso settembre io e Ida ci siamo messi a cercare un appartamento in affitto a Hong Kong. Tratterò tutto l'aspetto di come cercare casa in un altro post, oggi mi concentro su una peculiarità del mercato immobiliare hongkonghino, ovvero i fantasmi.

Questa è una conversazione realmente avvenuta tra me ed un agente immobiliare locale:

Agente: "Tutto confermato per gli appuntamenti di domani. Una cosa solo: prima che vada ad ispezionare gli appartamenti, sono obbligato a dirle che all'interno dell'edificio sono avvenuti due omicidi al trentunesimo piano e due sucidi al quindicesimo ed al trentanovesimo piano. È un problema per lei?"
Io (penso): "What the fuck.."
Io: "Non mi interessa sinceramente, non lo dica solo a mia moglie"
Agente: "Oh.."
Io (penso): "Ma un po' di senso dell'humor?"
Io: "Sto scherzando, non si preoccupi davvero"
Agente: "Ah ok, grazie"

I cinesi sono molto scaramantici, e vivere in una casa dove è stato commesso un omicidio o suicidio è un grosso no-no per loro, dal momento che potrebbero esserci dei fantasmi. Non importa che tutta la città sia infestata da scarafaggi o ratti; ciò che conta (e che fa abbasssare il costo al metro quadro) sono gli spiriti dei morti e sepolti, che dall'aldilà influiscono sul mercato dell'immobile hongkonhino rendendo meno appetibili le case. Ovviamente il discorso si applica solo se siete cinesi o credete nel paranormale: se non vi interessa troppo abitare in una casa potenzialmente infestata, potete trovare ottime opportunità cercando appartamenti questo tipo. Squarefoot, uno dei principali motori di ricerca di immobili da acquistare o affittare, offre un'opzione per cercare solo case infestate, giusto se stavate pensando ad un ottimo investimento oltremare!

In realtà non è così facile accaparrarsi questi appartamenti, anche se i cinesi se ne stanno alla larga. Sui Picchi c'è una casa bellissima, il Dragon Lodge, che è rimasta invenduta da circa 30 anni. La casa è stupenda, almeno sulla carta: immersa nel verde, tre piani, ampio giardino, piscina, e vista mozzafiato sulla baia. Perche è invenduta? Nessuna banca presta soldi per comprarla, e anche se aveste i soldi, nessun cinese è disposto a metterci piede anche solo per farci i lavori di ristrutturazione. Ma sono scemi? Secondo me sì, eppure il Dragon Lodge fu teatro di un massacro durante la seconda guerra mondiale, in cui sette suore persero la vita durante l'occupazione giapponese. Andando ancora indietro nella storia, scopriamo che il primo proprietario era un ricco uomo d'affari che andò in bancarotta, ed il secondo proprietario, anche lui ricchissimo, si suicidò nella casa. Dopo il massacro delle suore la casa non trovò più pace. Nel 1970 la proprietaria lasciò il lodge perché convinta di aver visto il fantasma di una bambina di undici anni con una vestaglia bianca che chiedeva aiuto. Insomma, il Dragon Lodge è la casa infestata per antonomasia; gli ultimi lavori di ristrutturazione sono stati sospesi nel 2004, quando gli operai sono scappati via dopo aver visto alcuni spiriti aggirarsi per le camere. Oggi la casa è un rudere desolato, e fa effettivamente venire i brividi quando ci si passa vicino, specialmente se è sera tardi e non c'è nessuno per strada. Trovate altre foto del rudere a questo indirizzo.

Parlando di altri palazzi infestati (ma stavolta venduti sottoprezzo), la conversazione tra me e l'agente all'inizio del post riguardava degli appartamenti al J Residence. Questo palazzo a Wan Chai fu teatro di un duplice omicidio dove un banchiere inglese, Rurik Jutting, ammazzò due giovani prostitute indonesiane, facendole poi a fette e mettendole in una borsa. Non posso poi mancare di citare la casa dell'Hello Kitty murder, dove tre persone torturarono e ammazzarono un hostess di un night-club, per poi decapitarla e mettere i pezzi della testa all'interno di alcune bambole di Hello Kitty. Io e Ida siamo passati a vedere la casa da fuori nella notte di Halloween, giusto per vivere il brivido della notte dei morti viventi. Non è stato nulla di che, non c'era tanto da vedere, non siamo nemmeno sicuri di aver capito quale fosse esattamente la casa.

Per finire, la scaramanzia cinese non si ferma ai fantasmi. Il numero 4, che in cinese si pronuncia [si], suona molto simile a [sĭ], "morte". Questo fa sì che in tutti gli edifici manchi il piano 4, 14, 24, 34, tutto il blocco dei 40, e via dicendo. Di contro, 8, pronunciato [ba], suona simile a [fa], "fortuna", quindi tutti gli appartamenti in un piano che contiene la cifra 8 sono più cari. E non solo i piani: i numeri di telefono, le targhe delle automobili, il conto in banca. Insomma, vivo un paese andato scemo per la numerologia.

Good n8!

venerdì 18 maggio 2018

Il cinese e il rutto

Vivere ad Hong Kong è bello, peccato per i cinesi. 

Se avete mai lavorato in un ufficio pieno di cinesi, sapete sicuramente di cosa io stia parlando. Immaginatevi un floor con venti persone circa, silenzio totale, si sente solo il rumore della tastiera, di tanto in tanto la stampante che gira, ma nulla di più. Tutti con le cuffie attaccate ascoltando musica, podcast, magari nulla e pretendendo solo di sentire qualcosa per non essere disturbato da altri. Ad un certo punto, un rombo di tuono. Un rutto. Forte, pieno, in tutta la sua potenza e profondità. Io mi giro, in un mix di schifo ed odio, cerco di capire con lo sguardo chi ha commesso lo scempio. Con me si girano tutti i non cinesi dell'ufficio, ognuno con aria altrettanto schifata. Senza imbarazzo alcuno, il cinese ruttatore non sbatte ciglio. E non perché si vergogna, ma perché non c'è nulla di male per lui, è normale digerire alla Barney dei Simpsons come se non ci fosse un domani. 

Ma da dove arriva la tradizione del rutto libero cinese, per dirla alla Fantozzi? Si narra che nella Cina di Mao, la pratica del rutto era accettata e ben voluta. Mao credeva in una società contadina, semplice, e disprezzava l'aristocrazia e le buone maniere. Dato che all'epoca quello che diceva Mao era un po' come un vangelo, non avresti mai voluto trovarti in una posizione di contraddirlo (sai com'è, se non eri d'accordo, c'erano sempre i campi di concentramento per mettersi d'accordo), e quindi un milardo di persone si è improvvisamente trovata a ruttare liberamente. Fortuna vuole che il pensiero di Mao si sia fermato al rutto e non ad altre flatulenze.

Sfortunamente i rumori dei cinesi non si fermano alla digestione, ma partono ben prima, durante l'alimentazione. Sono convinto che ci sia un piacere (tutto ancora da scoprire per il sottoscritto) nel tirare su il brodo ed i noodles facendo il più rumore possibile. Se mai vi capita quando siete da queste parti, fate un salto in quasisasi tipico noodle shop, e molto probabilmente vi troverete seduti ad un tavolo rotondo con quattro o cinque cinesi del tutto sconosciuti che pare facciano a gara a chi fa più rumore con la bocca. Un concerto senza strumenti che vi lascierà senza parole (o senza appetito, dipende dai gusti).

Inutile sparare sulla croce rossa parlando del casino che fanno quando parlano. Hanno un timbro di voce particolarmente alta, e sarà che personalmente non adoro il suono della loro lingua, trovo spesso fastidioso essere vicino a due cinesi che parlano. Più sono vecchi più sembrano urlatori, sarà che l'udito cede e quindi sopperiscono con la voce.

Quello che mi fa più sorridere di tutto questo però sono gli hongkonghini che danno dei trogloditi ai cinesi mainland. Un po' come il bue che da del cornuto al toro. Probabilmente sono qua da troppo poco tempo per distinguere le due fazioni, ma in questo anno e mezzo di permanenza non sono ancora riuscito a trovare grosse differenze tra i due. Tutti ruttano, tutti fanno casino quando mangiano, tutti urlano, indipendendemente se sono nati da questa o dall'altra parte del confine con la Cina. Tutto ciò mi fa ricordare alcune figure nostrane che ritenevano alcuni italiani migliori di altri solo ed esclusivamente in base alla loro latitudine di provenienza, e più recentemente qualche personaggio inglese che ha convinto una nazione intera nel dire che i mainland europei sono brutti e cattivi. Ripensandoci, c'è poco da sorridere.